Storia Dell’Editoria Italiana – Appunti di Editoria Musicale

Tempo di lettura: 12 min.

Se fino al ‘600 esiste un’attività editoriale a stampa in tutta Europa, verso il ‘700 questa pratica va a perdersi e il mezzo preferito per pubblicare musica e a renderla accessibile tornerà ad essere il manoscritto fino agli anni 70 del ‘700.

La situazione politica ha influenzato lo sviluppo dell’editoria, soprattutto prima e dopo il congresso di Vienna del 1814-1815 (quando viene configurato il territorio europeo con l’Italia divisa prima solo tra Francia, Regno di Napoli e Italia, poi più frammentata in tanti piccoli centri con una propria autonomia e importanza) e successivamente con la proclamazione del Regno d’Italia.

Prima del Congresso di Vienna

In questo periodo in Italia il clima politico è complesso: gli anni della rivoluzione, la presenza di Napoleone sul territorio, le rivolte di Napoli contro i regnanti. Gli editori si affacciano alla stampa ma alcuni falliscono e chi non fallisce comunque cerca di non rischiare appoggiandosi su più tipi di stampa.

Negli anni tra il 1770 e il 1780 viene ripresa la stampa della musica specialmente a Napoli, Venezia e Firenze.

Venezia è una delle prime città più importanti per l’editoria in generale. Qui, Marescalchi e Canobbio cominciano a pubblicare pezzi staccati in partitura da repertorio teatrale (opera lirica), cioè pubblicando singole arie o sinfonie introduttive con tutti gli strumenti e tutta l’orchestra: un oggetto complesso la cui destinazione non sono i dilettanti. Zatta si concentra sul repertorio strumentale, per soli strumenti dell’epoca, di area viennese (Mozart, Beethoven).

A Firenze vengono stampate edizioni per conto dell’autore.

Marescalchi decide di mettersi in proprio a Napoli, per operare con il metodo calcografico estratti da opere e composizioni strumentali. Stampava anche delle partiture rivolte ai dilettanti che riproducevano l’effetto della musica suonata dall’orchestra ma ridotta per pochi strumenti. La sua fortuna è che riesce a ottenere dal Re di Napoli la concessione del monopolio della stampa musicale

Dopo il 1790  la stampa si diffonde in altre città come Torino e Roma e si consolida nelle altre. A Firenze Pagni e Bardi lavora ancora su musica strumentale, a Roma Chracas è una tipografia non specializzata, che inizia a produrre sporadiche edizioni musicali con caratteri mobili.

Giovanni Ricordi

Nei primi anni dell’800 fa ingresso nella scena Milano, che diventerà la capitale della musica grazie soprattutto all’editoria. La più importante casa editoriale è quella di Giovanni Ricordi, l’iniziatore di tutta l’impresa che per molti anni è stata a conduzione familiare.

Giovanni Ricordi era un musicista che comincia a fare il copista e notando la diffusione della musica a stampa va a Lipsia, città importante per l’editoria della Germania anche nei periodi di buio italiani, e impara sia le tecniche sia l’attività commerciale. Nel 1808 inizia la sua attività editoriale importato il primo torchio dal suo viaggio in Germania. Mantiene nel frattempo la sua attività di copisteria, anche se non di mano propria, per partiture originarie che servono per le opere, perché questo tipo di musica non si vende ma si noleggia ai manager dei teatri. Quindi una copia è sufficiente perché sono prodotti che girano nel tempo e non stanno contemporaneamente in più città. La stampa viene usata in altri repertori: per la musica vocale, per la musica solo strumentale. Musica che viene venduta ai dilettanti, destinata al mercato amatoriale.

Il numero di lastra viene scritto sia sulla musica stampata, quindi ogni pezzo ha la sua lastra e tutte le lastre di uno stesso pezzo hanno lo stesso numero progressivo.

Dopo il Congresso di Vienna

Dopo la restaurazione, negli anni 20, Milano inizia a schiacciare l’attività di Venezia dove la musica non si produce più ma si importa. Sull’esempio di Ricordi aprono altre editorie che fanno concorrenza, come fa il suo antagonista Francesco Lucca, anche lui musicista che si era formato proprio con Ricordi per specializzarsi nell’incisione. Nel 1825 ottiene dal governo (austriaco all’epoca) la concessione di poter diventare un editore autonomo. Si concentra su un repertorio dilettantistico, di musica senza pretese, per il divertimento.

Si comincia a spingere sulla musica dell’Opera lirica, che nasce già nel ‘600 in Italia: si tratta di un testo narrativo scritto in versi con base musicale. Non si è diffusa solo in Italia, ma qui si specializza come melodramma. All’estero si fa opera, ma la si fa di meno e in modo diverso.

Il melodramma vende dietro a compositori come Rossini, Bellini e Donizetti. Ricordi darà a questi compositori gli strumenti per vendere, interagire coi teatri, favorendone il successo, tanto da attirare l’attenzione di compositori e musicisti che compongono ispirandosi alle loro opere.

Si inizia a pubblicare quindi musica sempre più legata all’opera, suonata da vari strumenti, con l’intervento anche dei cantanti, per permetterne l’utilizzo in varie rivisitazioni. La musica strumentale diventa di margine.

Spesso si commissiona a compositori minori che prendono dei brani musicali e ne traggono variazioni e fantasie basate su, in particolare per pianoforte, lo strumento centrale e più popolare.

Ci sono altre nicchie del settore musicale, di cui Ricordi non si occupa ma lo fanno altri editori, che sono le pubblicazioni didattiche per insegnare i metodi ai dilettanti che poi sono il target degli editori, arie da camera, musica sacra.

L’editorie musicale inizia a prendere una sua identità fuori da quella dell’editoria generale.

Non ci sono i diritti di proprietà fino a questo momento. I ricavi dei compositori si ottengono dalle commissioni. C’è il problema delle edizioni pirata, vendute come anonimo, di cui Francesco Lucca è uno dei più grandi attivisti.

Da questo punto in poi i compositori iniziano a capire che una soluzione alla pirateria è quella di vendere all’editore la proprietà dell’opera, lasciando a quest’ultimo la tutela dei diritti. Il guadagno del compositore è quello che riceve dalla vendita iniziale, indipendentemente dal successo dell’opera.

Tra il 1840 e il 1850 si iniziano a differenziare da un lato le case editrici importanti il cui focus produttivo è sull’opera e che lavorano quasi esclusivamente su quello, come Ricordi e Lucca a Milano. Altre case editrici di meno successo invece, per sopravvivere nonostante non potessero entrare in quel giro, si concentrano su pubblicazioni che non sono il melodramma, come Giovanni Canti che pubblica trattati di composizione, solfeggi, metodi, musica sacra, romanze, ballabili, per i dilettanti che volevano imparare a suonare.

Le romanze sono musiche prevedono uno o due cantanti accompagnati da un pianoforte e vanno molto di moda in questo periodo.

I brani staccati sono singole parti musicali estratte dalle opere.

Dopo il Regno d’Italia

Dopo l’Unità d’Italia nel 1860, con lo restringersi dello stato papale, la musica sacra diventa ancora più marginale rispetto a quanto fosse imponente in passato.

Si consolidano i grandi editori operistici milanesi, tuttavia riescono anche altri a farsi strada seppur pochi. Un esempio è Sonzogno, a Milano. Un editore libraio che ha già un’impresa editoriale molto forte e riesce a tener duro con pubblicazioni sull’opera.

Negli anni 80 ha successo anche Carish, che pubblica musica per imparare a suonare, prendendo pezzi di compositori vari assemblati in raccolte che andavano per difficoltà: antologie, che garantivano agli insegnanti fino a qualche anno fa di poter garantire ai ragazzi di imparare gli strumenti. Più recentemente pubblica anche musica leggera e cantautoriale, quando le altre case si concentravano sulla musica classica.

Gli editori importanti fuori Milano fanno fatica a mandare avanti la loro attività, come Clausetti che a un certo punto cede il suo catalogo a Ricordi.

Nelle città più importanti comunque nascono ancora nuove piccole case editoriali, stampando musica di facile smercio e consumo, per intrattenere la classe borghese con romanze, ballabili, pezzi per pianoforte.

In questa idea che si è fatta strada di cercare un repertorio alternativo all’opera, Guidi si specializza in musica da camera o strumentale e in musica sinfonica classico-romantica. Questo perché mentre in Italia si sviluppa il melodramma, all’estero sta andando avanti tutta un’ altra storia della musica, quella della musica romantico-sinfonica.

A un certo punto nasce l’idea anche di valorizzare i repertori del passato e non solo quelli in voga del momento, quest’idea nasce in questo periodo, cominciando dai compositori che hanno formato il canone.

In Italia in questo periodo nascono società concertistiche, prima nelle grandi città e poi anche in quelle più piccole, che oltre alla musica operistica del teatro si occupano di programmi di concerti con pezzi da orchestra e musica da camera, anche importando dall’estero perché in Italia non c’erano compositori in grado di competere con la musica strumentale e sinfonica estera. A questi erano destinate le pubblicazioni delle antologie.

Negli anni 80 il mercato operistico è quasi del tutto nelle mani di Ricordi, che assorbe nel frattempo Lucca acquisendone tutto l’archivio. Compete con Ricordi solo la casa Sonzogno per quanto riguarda l’opera. Sono loro a condizionare le scelte dei teatri italiani e stranieri.

Pur non esistendo di fatto, il monopolio non è più dato da un sovrano/principe con cui è stato stretto un accordo, in modo diplomatico, ma dall’abilità di ottenerlo è imprenditorialmente.

Gli editori si occupavano di tutte le maestranze dietro a un’opera, non solo della musica, ma anche degli argomenti, delle scelte di cantanti, delle scenografia, lavora stretto contatto con i compositori. La figura dell’impresario comincia a ridimensionarsi, tanto che poi scomparirà in favore della figura istituzionale del sovrintendente, lasciando le scelte artistiche all’editore.

In alcuni centri come Padova e Bergamo nascono editori come Zanibon e Carrara che tuttora sono editori esistenti. Questi pubblicano per un mercato di amatori/dilettanti, senza puntare a un mercato globale. Il mercato amatoriale oggi non esiste più se non come mercato marginale. Hanno una caratterizzazione locale, centrata su compositori e istituzioni del posto. Si specializzano come gli editori che fanno musica per banda e tutta la filiera relativa, ma anche per strumenti specifici e che vanno di moda al momento. Sulla musica sacra, sulle musiche didattiche e, a Napoli all’inizio del ‘900, sulle canzoni napoletane.

I compositori in tutto questo soffrono un malcontento nei confronti del monopolio di Ricordi e Sonzogno, perché gli operisti avevano difficoltà a essere presi in considerazione. Alcuni compositori anche non di opera, nel tentativo di creare delle alternative, creano delle cooperative per mettersi in proprio, senza però avere successo.

I compositori che non scrivono opera devono accontentarsi degli editori minori che non garantiscono visibilità e distribuzione. Per questo si cerca anche di recuperare la musica sacra.

Se prima i cantanti predominavano sui compositori, all’inizio del ‘900 i compositori iniziano a prendere le decisioni su come si deve esibire il cantante e come devono essere eseguite le opere, il compositore diventa impresario.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *